L’arte e la sostenibilità si uniscono nel cuore di Madrid. La Real Fábrica de Tapices, un’istituzione con oltre 300 anni di storia, ha aperto le sue porte alla mostra “Lo que fuimos y lo que seremos”, del giovane artista italiano Gianluca Lattuada, lo scorso mercoledì 10 settembre. Questo evento, disponibile fino al 30 settembre 2025, è il risultato di una residenza di tre mesi che riafferma l’impegno della fabbrica verso l’arte e il futuro.
L’inaugurazione ha visto il sostegno e la presenza di figure istituzionali di spicco, come la consigliera di Cultura dell’Ambasciata Italiana, Teodora Danisi, e i rappresentanti del ComItEs Madrid, tra cui il presidente Andrea Lazzari, e la consigliera Gabriella Lanzilli. Questa collaborazione, insieme all’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, sottolinea la profonda connessione culturale tra Italia e Spagna.
Un dialogo tra l’antico e il nuovo
L’esposizione di Lattuada propone una conversazione affascinante: utilizzando frammenti di tappeti di grande valore artistico, l’artista trasforma quello che potrebbe essere considerato un “residuo” in pezzi unici. Come spiega lui stesso, “il residuo non deve essere inteso come uno scarto, ma come un archivio vivo”, carico di storia e memoria. Attraverso tecniche di ricamo e nuove strutture, questi pezzi tessili prendono nuova vita, dimostrando come l’antico possa ispirare nuove forme d’arte.
Questa visione si allinea perfettamente con la filosofia della Real Fábrica de Tapices, che mira a preservare la sua ricca tradizione artigianale adottando allo stesso tempo pratiche di sostenibilità ed economia circolare. Secondo il suo direttore, Alejandro Klecker de Elizalde, l’istituzione non si concentra solo sulla produzione e il restauro di tessili, ma anche su “garantire la loro continuità nel futuro” attraverso iniziative come questa.
L’eredità dei grandi maestri continua
Nel corso della sua storia, la Real Fábrica è stata un punto d’incontro per grandi talenti. Nomi come Goya, Francesco Sabatini o Manolo Valdés hanno lasciato il segno in questi laboratori. Il lavoro di Gianluca Lattuada si aggiunge a questa prestigiosa lista, mantenendo vivo quel dialogo essenziale tra l’eredità storica e l’innovazione artistica.
Con progetti come questo, la Real Fábrica de Tapices, la manifattura tessile più antica in funzionamento continuo, riafferma il suo ruolo non solo come custode della tradizione, ma anche come un centro dinamico che guarda al futuro.
Ma conosciamo un pó piú da vicino Gianluca e la sua esposizione.
1) La mostra si intitola “Lo que fuimos y lo que seremos”. Puoi spiegarci come i frammenti di tappeti storici rappresentano sia il passato (“ciò che eravamo”) che il futuro (“ciò che saremo”) nel tuo lavoro?
Il titolo riflette un’idea di tempo come tessuto continuo. In mostra ho sviluppato un doppio dialogo tra passato e presente. Il primo si realizza all’interno di ogni singola opera: i frammenti di tappeti storici — in alcuni casi appartenenti a istituzioni e luoghi emblematici spagnoli — diventano i protagonisti della composizione contemporanea. Non sono citazioni decorative, ma nuclei vivi: custodiscono ciò che eravamo e, entrando in una nuova configurazione cromatica e formale, rivelano ciò che possiamo diventare.
Il secondo dialogo è tra le mie opere e la collezione permanente della Real Fábrica de Tapices. Ogni lavoro è stato concepito in relazione ad arazzi, tappeti o cartoni preparatori presenti nello spazio espositivo. Attraverso scelte di cromie, proporzioni e architetture compositive cerco di dare continuità alle opere tra loro. Così, l’esperienza del visitatore non è di semplice giustapposizione, ma di un racconto in cui passato e presente si intrecciano fino a diventare inseparabili. La mostra diventa quindi un laboratorio filosofico sul tempo: la memoria non è un archivio chiuso, ma una materia che continua a trasformarsi.

2) Tu descrivi il “residuo” non come uno scarto, ma come un “archivio vivo”. Ci sono stati dei frammenti che ti hanno particolarmente colpito, e in che modo li hai integrati nelle tue opere?
Nella mia opera Lo que persiste aunque ya no exista ho inserito due frammenti originali di tappeti storici, il primo proveniente dal Congreso de los Diputados e l’altro dall’edificio Metropolis, luogo emblematico della Gran Vía. Quest’ultimo è stato collocato al centro della composizione, come cuore pulsante dell’opera: la sua trama ondulata evoca il moto dell’acqua, suggerendo un’energia che scorre e persiste.
Questo, insieme alla palette di colori — azzurri, beige, marroni — prolungano il cartone per arazzo Pescadores sacando una red del agua (1783–1785), appartenente alla serie Pescadores Napolitanos di Mariano Salvador Maella e Zacarías González Velázquez, realizzato perla decorazionedella Pieza de Damas en el Palacio de El Pardo. L’opera contemporanea diventa così l’essenza del mare come memoria cromatica e vibrazione astratta. In questo incontro, ciò che resta del passato non si limita a sopravvivere: diventa forma nuova, aprendo spazi di contemplazione e di pensiero.

3) La tua arte si inserisce nel dialogo tra tradizione e contemporaneità che caratterizza la storia della Real Fábrica de Tapices. Quale ritieni sia la sfida principale nel recuperare e trasformare un materiale così carico di memoria storica in una nuova espressione artistica?
I frammenti di tappeti storici sono ciò che eravamo: custodiscono la memoria di gesti, tecniche, luoghi e persone. Ma nel momento in cui entrano in una nuova opera diventano anche ciò che saremo: si trasformano in linguaggio contemporaneo, aprono possibilità di lettura e significato che riguardano il presente e il futuro. La mia ricerca non intende quindi neutralizzare questa memoria, ma riattivarla in un linguaggio che appartiene al nostro tempo.Credo che l’arte contemporanea abbia il compito di non separarsi dalla storia, ma di custodirla e al tempo stesso interrogarla, mettendola in risonanza con il presente. La sfida è proprio questa: trasformare senza cancellare, preservare la memoria e, al contempo, aprirla a nuove prospettive.












