VERSIONE IN ITALIANO:
Conosciamo meglio il nostro amico italiano Erik Zanon, conosciuto dalla comunitá italospagnola per le sue molteplici iniziative nell’ambito dell’attivismo sociale focalizzato sopratutto nel collettivo LGTBQI+.
Sappiamo che pochi giorni fa si é celebrato il Pride a Budapest lanciato dal sindaco, manifestazione che é stata ostacolata invece dall’attuale governo ungherese.
- Qual è stata la tua motivazione principale per partecipare al Pride di Budapest quest’anno?
Le manifestazione dell’Orgoglio/Pride sono da sempre espressione di rivendicazione dei diritti umani, in particolare delle persone LGBTIQ+. Vediamo da molti anni che i Pride, insieme alla tipica festa, portano con sé la richiesta di maggiore inclusione ed uguaglianza, non solo di fronte alla legge, bensì anche nella cultura della società.
Da tempo siamo testimoni di forti e continui attacchi in diversi paesi, tra cui ahimé anche l’Italia, verso la comunità LGBTIQ+, tali non solo da negare un percorso di inclusione sociale (come ad esempio la formazione sesso-affettiva nelle scuole) ma anche di un retrocesso nei diritti più fondamentali come il matrimonio e la genitorialità.
Il Pride di Budapest, per la particolare situazione politica che vive da anni l’Ungheria, è da sempre un Pride simbolo di rivendicazione delle libertà. Quest’anno, come conseguenza di una legge approvata lo scorso marzo dal Parlamento ungherese, il Pride è stato dichiarato vietato perché pericoloso, secondo i legislatori, per l’infanzia. Un pretesto per attaccare la libertà di manifestazione e per attaccare e denigrare ulteriormente il collettivo LGBTIQ+, ormai da tempo vessato da altre leggi che rendono impossibile la costituzione di associazioni e qualsiasi altra forma di visibilità. Ai partecipanti alla manifestazione è stato comunicato da parte del Governo dell’Ungheria, che sarebbero state inflitte multe e possibilità di identificazione e arresto.
Ecco perché quest’anno la partecipazione al Pride di Budapest è stata particolarmente necessaria non solo per gli ungheresi ma anche per tutta la cittadinanza europea.
Come persona e in particolare come uomo gay, non posso non sentire la necessità di esprimere la mia solidarietà con la comunità LGBTIQ+ ungherese, e di farlo in un modo concreto: partecipando presenzialmente al Pride di Budapest, anche se questo possa tradursi in una multa o in un arresto. Di fronte alla minaccia di restrizione delle libertà, non possiamo rimanere indifferenti!
- Potresti descrivere l’atmosfera generale che hai percepito alla manifestazione? C’era un’energia particolare?
Partecipare al Pride di Budapest, credo sia stata personalmente una delle scelte più importanti della mia vita. C’era molta tensione nel nostro gruppo in partenza dalla Spagna: la possibilità di incidenti con gruppi neonazisti durante la manifestazione, la possibilità di essere arrestati o anche semplicemente multati, ci ha fatto riflettere molto, ma non ci ha mai scoraggiati.
Ecco perché la partecipazione alla manifestazione, oltre ad essere di gran lunga superiore alle aspettative, è stata profondamente emozionante. Come partecipante, mi sono sentito parte di una grande comunità che ha creduto, e crede, che la libertà di essere e di amare, non conosca alcun muro, alcun impedimento: la legge non può fermare la tua identità e il tuo modo di amare.
- Qual è stato il momento più significativo o memorabile per te durante il Pride? Perché?
Sono stati vari i momenti significativi: quando attraversato il ponte sul Danubio, voltandomi, ho visto un ponte affollatissimo di gente; un’immagine che non avevo visto nemmeno nelle classiche foto delle maratone di New York. Ma soprattutto quando parlando con diverse persone durante la parata, la frase più ripetuta è stata: “grazie per essere qui con noi!”
- Hai notato differenze significative rispetto ai Pride a cui hai partecipato in passato, magari in altri Paesi o in altre edizioni? Se sì, quali?
Il Pride è una manifestazione propria della cultura LGBTIQ+, in tutte le sue diversità. Una manifestazione seria nelle sue rivendicazioni, ma fatta con l’allegria che contraddistingue proprio il nostro collettivo.
Ho partecipato in diverse occasioni al Pride di Milano e di Madrid: occasioni straordinarie per renderci visibili tutti insieme, perché solo quando le persone sono unite, sono più forti. Da soli, rischiamo di rinchiuderci nei nostri armadi e di non vivere tutte le emozioni che il resto della società vive. Il Pride è “la festa di chi non è mai stato invitato alla festa”.
A Budapest c’era molta allegria, molte emozioni, e anche molte lacrime: sono state lacrime di gioia per aver dimostrato che non ci arrendiamo di fronte ai tentativi di limitare le nostre libertà.
- Come ti sei sentito personalmente a far parte di questa manifestazione? C’è stato un senso di comunità o di empowerment?
È proprio questo il punto: essere lì, esserci in tanti e da ogni parte d’Europa è stato significativo. Ha dimostrato che nonostante le continue minacce, la nostra comunità è più forte di chi ci attacca.
- Quale messaggio vorresti inviare a chi non ha potuto partecipare al Pride o a chi sta lottando per i propri diritti in contesti meno permissivi?
Il mio messaggio va sia alle persone LGBTIQ+, le quali invito a essere attiviste e portatrici delle rivendicazioni necessarie in ogni momento e in ogni luogo: in famiglia, con gli amici, al lavoro – ma anche alle persone che non sono parte di questa comunità, affinché si facciano promotrici dei valori di eguaglianza, di inclusione e di valorizzazione delle diversità. Una società inclusiva beneficia non solo le minoranze, beneficia la società intera!
- Oltre alla partecipazione al Pride di Budapest, quali altre forme di attivismo ritieni siano più efficaci per sostenere i diritti LGBTQI? A quali hai partecipato negli ultimi mesi?
Come attivista ritengo sia necessario portare avanti le rivendicazioni di maggiore inclusione attraverso ogni canale: la politica ha il dovere di ascoltare la cittadinanza ma anche di proporre delle soluzioni sociali che includano tutte le diversità; d’altro canto l’associazionismo ha il grande compito di mobilitare le persone affinché queste stimolino la politica ad occuparsi dei propri problemi. Ma tutto questo parte da un fattore che risiede nella persona in quanto essere umano inserito in una comunità di persone: la responsabilità di farsi portatore delle proprie istanze e di quelle di una collettività, affinché tutta la società possa evolvere verso una sempre maggiore inclusività.
- E ora, parlando in generale, quali sono le sfide principali che la comunità LGBTQI+ in questo momento?
Credo che la grossa sfida di oggi sia quella di fare molta pedagogia: sono state fatte molte lotte, e sono stati ottenuti dei risultati incredibili fino a solo 20 anni fa. Oggi credo che abbiamo un compito in più: oltre ad assicurarci che quanto ottenuto non venga tolto, e continuare affinché il progresso sociale non escluda le persone per la loro identità di genere o orientamento sessuale, dobbiamo generare quell’empatia necessaria affinché l’odio verso la nostra comunità si dissolva. Dobbiamo creare dei ponti con chi non ci capisce e ci vuole rinchiudere nell’armadio, spiegandogli che la differenze non rappresentano una minaccia, ma un modo diverso di vivere gli stessi sentimenti di amore.
- Credi che sia ancora necessario manifestarsi, e perché? Parteciperai anche quest’anno al Pride di Madrid?
Anche quest’anno sarò presente al Pride di Madrid. Questa città e più in generale la Spagna ci dà la possibilità di essere più felici che in altre parti del mondo, anche dell’Italia, pertanto sarà un’occasione per dire grazie Madrid, grazie Spagna, e lo faremo con allegria e soprattutto sentendoci liberi di esprimere i nostri colori, la nostra identità e tutte le nostre “piume”.
- C’è qualcosa che, come attivista, vorresti che le persone al di fuori della comunità LGBTQI+ comprendessero meglio riguardo alle vostre battaglie e alle vostre esperienze?
Noi dovremo continuare a portare avanti le nostre battaglie e dovremo sforzarci di spiegarne il perché, ma chiedo anche alle persone che non sono parte della nostra comunità di liberare la loro mente dai pregiudizi, di farci molte domande e di ascoltarci.
Siamo un’unica comunità di persone, con tante diversità, ma unite, come i colori, nella nostra bandiera arcobaleno.
VERSIONE EN ESPAÑOL:
Entrevista con Erik Zanon: Su papel como activista social italiano en España
Conozcamos mejor a nuestro amigo italiano Erik Zanon, conocido en la comunidad italoespañola por sus numerosas iniciativas de activismo social, especialmente las que están centradas en el movimiento LGTBIQ+.
Sabemos que hace unos días, el Alcalde de Budapest patrocinó el Desfile del Orgullo de Budapest, un evento muy obstaculizado por el actual gobierno húngaro.
- ¿Cuál fue tu principal motivación para participar en el Desfile del Orgullo de Budapest?
Las manifestaciones del Orgullo siempre han sido una expresión de la reivindicación para los derechos humanos, en particular para las personas LGTBIQ+. Durante muchos años, hemos visto que los desfiles del Orgullo, junto con la celebración típica, traen consigo la demanda de una mayor inclusión e igualdad, no solo ante la ley, sino también en la cultura de la sociedad.
Desde hace algún tiempo, hemos sido testigos de fuertes y continuos ataques contra la comunidad LGTBIQ+ en varios países, incluyendo, lamentablemente, Italia. Esto no solo ha ralentizado un camino hacia la inclusión social (como la educación sexo-afectiva en las escuelas), sino que también ha provocado un retroceso de los derechos fundamentales como el matrimonio y la genitorialidad.
El Orgullo de Budapest, dada la particular situación política que Hungría está viviendo desde hace ya varios años, siempre ha sido un símbolo de libertad. Este año, tras una ley aprobada en marzo pasado por el Parlamento húngaro, el Orgullo fue prohibido porque, según los legisladores, es peligroso para los niños. Esto sirvió como pretexto para atacar la libertad de expresión y para seguir atacando y denigrando a la comunidad LGTBIQ+, que desde hace tiempo se ve afectada por otras leyes que le impiden constituir asociaciones y obtener cualquier otra forma de visibilidad. El gobierno húngaro informó a los participantes en la manifestación de que se enfrentarían a multas y a la posibilidad de ser identificados y detenidos.
Por ello, participar en el Orgullo de Budapest este año fue especialmente necesario, no solo para los húngaros, sino también para todos los ciudadanos europeos. Como persona, y especialmente como hombre gay, no puedo evitar sentir la necesidad de expresar mi solidaridad con la comunidad LGTBIQ+ húngara, y hacerlo de forma concreta: asistiendo al Orgullo de Budapest, incluso si esto implica una multa o la detención. Ante la amenaza de restricciones a nuestras libertades, ¡no podemos permanecer indiferentes!
- ¿Podrías describir el ambiente general que sentiste en la manifestación? ¿Había una energía particular?
Creo que participar en el Orgullo de Budapest fue una de las decisiones más importantes de mi vida. Había mucha tensión en nuestro grupo al salir de España: la posibilidad de incidentes con grupos neonazis durante la manifestación, la posibilidad de ser detenidos o incluso simplemente multados, nos hizo reflexionar mucho, pero nunca nos desanimó.
Por eso, participar en la manifestación, además de superar de lejos nuestras expectativas, fue profundamente conmovedor. Como participante, me sentí parte de una gran comunidad que creía, y cree, que la libertad de ser y amar no conoce muros ni impedimentos: la ley no puede detener tu identidad ni tu forma de amar.
- ¿Cuál fue el momento más significativo o memorable para ti durante el Orgullo? ¿Por qué?
Hubo varios momentos significativos: al cruzar el puente sobre el Danubio, me di la vuelta y vi un puente lleno de gente; una imagen que ni siquiera había visto en las fotos clásicas de los maratones de Nueva York. Pero, especialmente al hablar con varias personas durante el desfile, la frase más repetida fue: “¡Gracias por estar aquí con nosotros!”.
- ¿Has notado alguna diferencia significativa en comparación con eventos del Orgullo a los que has asistido anteriormente, quizás en otros países o en otras ediciones? De ser así, ¿cuáles?
El Orgullo es una manifestación de la cultura LGTBIQ+, en toda su diversidad. Una manifestación seria en sus reivindicaciones, pero llevada a cabo con la alegría que distingue a nuestro colectivo.
He participado en los eventos del Orgullo de Milán y Madrid en varias ocasiones: oportunidades extraordinarias para visibilizarnos juntos, porque solo cuando las personas están unidas son más fuertes. Solos, corremos el riesgo de encerrarnos en nuestros armarios perdiendo las emociones que el resto de la sociedad tiene. El Orgullo es “la celebración de quienes nunca han sido invitados a la fiesta”.
Hubo mucha alegría en Budapest, mucha emoción, e incluso muchas lágrimas: lágrimas de alegría por demostrar que no nos rendiremos ante los intentos de limitar nuestras libertades.
- ¿Cómo te sentiste personalmente al formar parte de esta manifestación? ¿Hubo un sentimiento de comunidad o empoderamiento? Ese es precisamente el punto: estar allí, siendo tantos y procedentes de toda Europa, fue significativo. Demostró que, a pesar de las constantes amenazas, nuestra comunidad es más fuerte de quienes nos atacan.
- ¿Qué mensaje te gustaría enviar a quienes no pudieron participar en el Orgullo o a quienes luchan por sus derechos en contextos menos permisivos?
Mi mensaje va dirigido tanto a las personas LGTBIQ+, a quienes invito a ser activistas y a defender las reivindicaciones necesarias en todo momento y lugar: en familia, con amigos, en el trabajo; como también a quienes no forman parte de esta comunidad, para que se conviertan en promotores de los valores de la igualdad, la inclusión y la valorización de la diversidad. ¡Una sociedad inclusiva beneficia no solo a las minorías, sino a la sociedad en su conjunto!
- Además de participar en el Orgullo de Budapest, ¿qué otras formas de activismo considera más eficaces para defender los derechos LGTBIQ+I? ¿En cuáles ha participado en los últimos meses?
Como activista, creo que es necesario promover las demandas de una mayor inclusión a través de todos los canales: los políticos tienen el deber de escuchar a la ciudadanía, pero también de proponer soluciones sociales que abarquen toda la diversidad; por otro lado, las asociaciones tienen la importante tarea de movilizar a la gente para animar a los políticos a abordar sus problemas. Pero todo esto parte de un factor que reside en el individuo como elemento activo de una comunidad: la responsabilidad de levantar la voz por sus propias necesidades y las de la comunidad, para que la sociedad en su conjunto pueda evolucionar hacia una inclusión cada vez mayor.
- Y ahora, en general, ¿cuáles son los principales retos a los que se enfrenta la comunidad LGBTQI+ en este momento?
Creo que el mayor reto hoy en día es el de hacer pedagogía: se han llevado a cabo muchas luchas y se han logrado resultados increíbles hasta hace tan solo 20 años. Hoy, creo que tenemos una tarea adicional: además de asegurar que no se nos niegue lo logrado y de seguir garantizando que el progreso social no excluya a las personas por su identidad de género u orientación sexual, debemos generar la empatía necesaria para disolver el odio hacia nuestra comunidad. Debemos tender puentes con quienes no nos comprenden y quieren aislarnos, explicándoles que las diferencias no representan una amenaza, sino una forma diferente de experimentar los mismos sentimientos de amor.
- ¿Sigues creyendo que es necesario alzar la voz y por qué? ¿Volverás a participar en el Orgullo de Madrid este año?
Asistiré al Orgullo de Madrid este año. Esta ciudad, y España en general, nos da la oportunidad de ser más felices que en otras partes del mundo, incluida Italia. Por lo tanto, será una oportunidad para decir gracias, Madrid, gracias, España, y lo haremos con alegría y, sobre todo, sintiéndonos libres de expresar nuestros colores, nuestra identidad y todas nuestras “plumas”.
- ¿Hay algo que, como activista, quisiera que las personas que quisieran forman parte de la comunidad LGBTQI+ comprendieran mejor sobre vuestras luchas y experiencias?
Debemos seguir luchando y esforzarnos para explicar las razones, pero también pido a quienes no forman parte de nuestra comunidad que liberen sus mentes de prejuicios, que hagan muchas preguntas y que nos escuchen.
Somos una comunidad de personas, con muchas diversidades, pero todas juntas, como los colores de nuestra bandera arcoíris.